Lo so, siamo ancora in periodo di festa e si chiacchiera di ben altro, in giro.
Quest'anno però le mie feste sono state molto tristi e mi sono trovata
a dover "raccontare" la morte del nonno a mio figlio di 2 anni.
Cosa dire? Come dirlo? Quando dirlo?
Mille domande, mille dubbi. Da gestire insieme al dolore.
Ho detto la verità, il giorno stesso.
Ho cercato però di dirla con un linguaggio vicino a quello del mio bimbo
che ancora solo in parte verbalizza a modo nostro
pur comprendendo quasi tutti i nostri discorsi.
Gli ho raccontato che il nonno è salito su una stella.
Avrei potuto dire "in cielo" o "su una nuvola"
ma ho scelto la stella perché il mio bimbo adora le stelle:
con entusiasmo le indica nei libri e le segnala tra le luci del Natale.
Fin qui tutto facile, o quasi.
Difficile è stato dirgli che il nonno non tornerà più, non lo vedremo più.
Perché dire la verità significa anche raccontare l'assenza dell'adorato nonno.
Difficile è sentire mio figlio chiamare "nonno" più forte di prima
perché per farsi sentire fin Lassù, penserà lui, bisogna chiamare più forte.
Difficile è notare che si ricorda che quelle sono le sue pantofole,
quello è il suo bicchiere, e che gli manca il suo orologio che faceva "di-din".
Allora l'orologio del nonno gli è stato regalato da Babbo Natale
che è passato dalla stella e gliel'ha portato giù. Ogni tanto lo prendiamo
tra le mani e ascoltiamo il suono del cronometro più volte.
Questo "oggetto transizionale" è un buon compromesso tra la presenza e l'assenza, credo.
Non l'ho portato con me né alla camera ardente né al funerale, il mio bimbo.
Mi hanno consigliato che sarebbe stato troppo presto perché ancora a 2 anni
non sarebbe stato in grado di verbalizzare tutte le domande
e si sarebbe potuto spaventare molto vedendo tante persone piangere.
Il "perché" della morte del nonno, però,
ho cercato di spiegarglielo anche se non me l'ha chiesto.
Gli ho raccontato che il nonno se n'è andato per una "bua grande",
di quelle che, in ospedale, cercano di curare ma non riescono ad aggiustare.
Comunque da Lassù ci vedrà sempre, anche se noi non lo vedremo più.
E quello che racconto al mio bimbo lo vorrei tanto credere anch'io, per Fede e per consolazione.
E parlarne con lui aiuta anche me.
E tendo a nascondermi se mi viene da piangere ma so che non serve
perché il mio bimbo sente che sono triste anche quando sorrido.
Non è tanto il vedermi piangere che gli può creare disagio,
piuttosto è sbagliato confondere le emozioni ai suoi occhi.
Nonostante tutto mi sembra molto allegro e sereno, il mio bimbo,
per quanto viva l'età dei capricci (i "terribili due"!)
e sul fasciatoio di capricci ne faccia a volontà,
mettendo a durissima prova la mia pazienza.
Una mattina gliel'ho confessato:
"Sai, la mamma è triste..."
e lui mi è venuto vicino e mi ha fatto qualche carezza sul viso.
Al diavolo i capricci, allora.
Io mi aggrappo alle sue carezze e guardo curiosa le stelle come solo il mio bimbo sa fare.
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