mercoledì 16 maggio 2018

Mamme al lavoro...Perdita o ricchezza?

Assumere una mamma (e mantenerla impiegata al rientro dalla maternità) complica la vita o costituisce valore aggiunto?

Sulla bilancia due piatti:
- da una parte la mamma che chiede il permesso per l'influenza del bimbo (e pochi giorni dopo per la sua!), dall'altra la stessa mamma che ha migliorato le capacità di problem solving;
- da una parte la mamma che ha bisogno di scappare a ritirare il bimbo da scuola, dall'altra la stessa mamma dotata di una sempre maggiore agilità mentale;
- da una parte la mamma che è preoccupata per i suoi bambini dall'altra la stessa mamma che ha affinato la sua visione e gestione del cambiamento;
- da una parte la mamma che ha bisogno di chiamare dall'ufficio la baby-sitter dall'altra la stessa mamma che è diventata sapiente dosatrice di alleanze e deleghe...
- da una parte i bisogni delle mamme dall'altra parte le competenze allenate dalla maternità.



Sono convinta che pesi molto di più il piatto delle competenze (e ne ho elencate solo alcune). Se è vero che "il mestiere più difficile è quello della mamma", allora è vero anche che una mamma al lavoro può portare un nuovo set di capacità, un mix di comunicazione-empatia-creatività-decisione che è per qualsiasi datore di lavoro un patrimonio inestimabile. 

Poco dovrebbe importare, allora, se un giorno la mamma lavora da casa anziché in ufficio, se un giorno la mamma non può andare in trasferta ma si collega in videoconferenza, se un giorno la mamma chiede un part-time ma non guarda all'orologio se da casa deve inviare un'importante comunicazione email.

Per il mestiere di mamma è necessaria una flessibilità disarmante...
La stessa che è necessaria ai datori di lavoro illuminati (merce rara?). 

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